Quante volte abbiamo sentito dire che la fotografia è “scrivere con la luce”? Ma quante volte ci fermiamo davvero ad ascoltare ciò che la luce ci racconta?
Questo esercizio vi invita a farlo. A osservare, giorno dopo giorno, come la luce non sia mai la stessa e come, trasformandosi, trasformi anche il nostro sguardo. Scegliete un soggetto.
Non deve essere spettacolare, anzi: meglio se è qualcosa che conoscete bene. Una finestra, un angolo della vostra casa, un tratto di strada del quartiere, un albero nel parco, un muro con i segni del tempo. Qualcosa che, a prima vista, sembra sempre uguale.
Ora, per una settimana, fotografatelo ogni giorno in momenti diversi: all’alba, a mezzogiorno, al tramonto, di notte. Fatelo con ogni condizione atmosferica che incontrate: sole pieno, cielo coperto, pioggia, vento, magari – se siete fortunati – una tempesta.
Non è necessario avere l’attrezzatura più sofisticata. Va bene uno smartphone, una mirrorless, una reflex. Quello che conta non è la tecnica, ma l’attenzione.
Perché la luce è vita. E cambia tutto. Una finestra all’alba si colora di blu freddo, malinconico. A mezzogiorno esplode di bianco, netto e tagliente. Al tramonto si scalda di arancio, diventa memoria. Di notte, forse, non si vede nemmeno più: resta solo il riflesso di quello che c’è dentro.
Con questo esercizio impariamo a vedere davvero. Non solo cosa c’è, ma come la luce lo racconta. E scopriamo che non è mai la stessa storia. Questo non è solo un compito di osservazione. È un atto creativo profondo.
Perché la creatività non nasce solo dall’invenzione, ma anche dalla presenza, dalla ripetizione consapevole, dall’ascolto di ciò che sembra banale. Quando osservi lo stesso soggetto ogni giorno, ti accorgi che non è mai davvero lo stesso. E allora inizi a sperimentare: che succede se cambio punto di vista? Se uso una focale diversa? Se regolo l’esposizione per esaltare le ombre invece che i dettagli? E se scelgo di non fotografare il soggetto, ma la luce che lo sfiora?
La creatività nasce lì: nel dubbio, nella scoperta, nel gioco. Non si tratta solo di accumulare immagini, ma di costruire un racconto visivo intimo, personale. Un diario, appunto. Dove la protagonista non è solo la luce, ma il vostro modo unico di vederla.
Non abbiate paura della noia. È lì che nasce qualcosa di nuovo. Ripetere è uno dei gesti più potenti che un fotografo possa fare. Perché costringe a guardare davvero. E quando si guarda davvero, si scopre sempre qualcosa che prima non si vedeva.
Questo esercizio è un invito a ritrovare lo stupore per ciò che è vicino. E a capire che la luce non è solo un mezzo per vedere, ma una voce che ci parla. Sta a noi, fotografi, imparare ad ascoltarla.
Buon viaggio. E buona luce.