Oscar Wilde: Il ritratto di Dorian Gray

“[…] Ogni impulso che cerchiamo di soffocare germoglia nel cervello e ci avvelena.”
— Oscar Wilde.
Cosa succede quando l’ossessione prende il controllo? Quando un pensiero si trasforma in un chiodo fisso, capace di consumare tutto il resto? Il ritratto di Dorian Gray, unico e celebre romanzo di Oscar Wilde, è una storia che parla proprio di questo: di desideri che diventano dipendenze, di bellezza che si trasforma in prigione, di un’identità che si sgretola sotto il peso delle proprie fissazioni. È un romanzo sull’apparenza, certo, ma soprattutto sulle ossessioni che logorano dall’interno, anche quando all’esterno tutto sembra perfetto.
Dorian Gray è un giovane bellissimo, ed è proprio questa bellezza che scatena la sua prima ossessione: il terrore che un giorno possa svanire. Quando vede il ritratto che il pittore Basil Hallward ha fatto di lui — un’opera che cattura tutta la sua giovinezza e il suo fascino — Dorian viene colto da un pensiero ossessivo: perché non può restare così per sempre? In quel momento, complice l’influenza subdola e affascinante di Lord Henry, nasce il desiderio che lo segnerà per tutta la vita: restare giovane e immutato, mentre il quadro invecchia al suo posto. Ed è proprio lì che comincia il patto non scritto, la maledizione che cambierà tutto.
Quella di Dorian non è solo un’ossessione per la bellezza: è anche un’ossessione per il controllo, per l’impunità, per l’idea di poter vivere senza conseguenze. Ogni volta che compie un’azione discutibile o crudele, ogni volta che si lascia travolgere dal piacere o dal vizio, sa che sarà il quadro a portarne il peso. Così si sente libero, ma in realtà è sempre più prigioniero. Il ritratto nascosto nella stanza buia diventa un simbolo potente dell’ossessione che cresce in silenzio, che si nasconde, ma non scompare. Anzi, si deforma, si incupisce, si fa sempre più inquietante. È l’ossessione incarnata, che lo osserva e lo giudica.
L’intera vita di Dorian è guidata da ossessioni: quella per l’estetica, per il piacere estremo, per l’apparenza. Colleziona oggetti rari, profumi, tessuti, strumenti musicali. Studia religioni esotiche e filosofie orientali. Ma non lo fa per vera curiosità: lo fa perché ha bisogno continuo di stimoli, di novità, di qualcosa che lo distragga dal vuoto che sente dentro. È un comportamento ossessivo tipico di chi non riesce più a fermarsi, a respirare, a guardarsi davvero allo specchio. E quando ci prova, quello che vede non è il suo volto reale, ma quello dipinto, ormai corrotto e mostruoso.
La sua ossessione per il ritratto cresce giorno dopo giorno, diventa una paranoia, una presenza costante. Non riesce a staccarsene, ma non riesce neanche ad affrontarlo. Vive in una doppia realtà: da un lato l’apparenza impeccabile, dall’altro la coscienza sporca che lo tormenta. È l’ossessione che lo rende incapace di amare, di fidarsi, di vivere davvero. Tutto è filtrato dal bisogno di mantenere intatta quell’immagine perfetta.
E come spesso accade con le ossessioni più profonde, alla fine Dorian cerca di liberarsene nel modo più drastico: distruggere il quadro, distruggere la verità. Ma è un gesto disperato, e fatale. Perché quel ritratto era lui, era la sua coscienza, la sua storia, le sue colpe. E ucciderlo significa uccidere anche se stesso.
Il ritratto di Dorian Gray è un romanzo che racconta con eleganza, ironia e crudeltà cosa significa vivere sotto il dominio delle ossessioni. È attuale oggi più che mai, in un’epoca in cui l’immagine è ovunque, e la pressione di essere perfetti — giovani, belli, vincenti — può diventare un peso insostenibile. Wilde ci mette in guardia con uno stile raffinato ma tagliente: possiamo anche riuscire a nascondere le nostre ossessioni agli altri… ma non a noi stessi.
“Il ritratto di Dorian Gray”
📖 Titolo originale: The Picture of Dorian Gray
🖋️ Autore: Oscar Wilde
📅 Prima pubblicazione: 1890 (rivista Lippincott’s Monthly Magazine), versione ampliata nel 1891