
La creatività è la libertà di esplorare chi sei, o chi potresti essere.”– Cindy Sherman
Nel mese di giugno il nostro blog celebra la creatività, quella forza invisibile che ci spinge a sperimentare, reinventare e raccontare storie nuove. Nessuna fotografa incarna meglio questa energia vitale di Cindy Sherman, artista camaleontica e rivoluzionaria che ha saputo trasformare ogni suo scatto in un mondo possibile.
Nata nel 1954 a Glen Ridge, New Jersey, Sherman si è affermata negli anni ’70 come una delle figure più significative dell’arte contemporanea, grazie alla sua capacità unica di combinare fotografia, performance e critica sociale. Dopo gli studi alla State University College di Buffalo, ha iniziato a sperimentare con la propria immagine, creando autoritratti che sfidano le convenzioni visive e culturali.
Il suo progetto più iconico, Untitled Film Stills, realizzato tra il 1977 e il 1980, è una serie di 69 fotografie in bianco e nero in cui Cindy si ritrae impersonando diversi personaggi femminili ispirati ai film americani degli anni ’50 e ’60. Donne in cucina, segretarie, dive malinconiche, ragazze perse nella città o in fuga nella natura: ognuna di queste figure sembra uscita da un film che però non esiste.
Tecnicamente, Sherman utilizza luce naturale o artificiale con sapienza cinematografica, studia l’inquadratura come farebbe un regista e cura personalmente ogni dettaglio di costume, trucco e ambientazione. Ma ciò che rende questo lavoro così creativo non è solo la precisione tecnica, bensì l’idea rivoluzionaria che l’identità non è qualcosa di fisso, ma un continuo gioco di ruoli. Alcuni scatti, più di altri, colpiscono per la forza narrativa che sprigionano.
In Untitled Film Still #21, vediamo una giovane donna in tailleur stringersi nel suo cappotto mentre guarda oltre l’inquadratura, in piedi su un marciapiede newyorkese: l’atmosfera è sospesa tra attesa e minaccia, come se qualcosa stesse per accadere.
In Untitled Film Still #35, invece, Sherman è in cucina, vestita con un grembiule, il viso contratto in un’espressione tra lo sconforto e la rassegnazione: è un ritratto intimo e tagliente della solitudine domestica.
Ancora diverso il tono di Untitled Film Still #48, dove la fotografa si ritrae di spalle su una strada deserta in mezzo alla natura, con lo sguardo verso l’orizzonte: è una scena di fuga, o forse di libertà, che apre mille possibilità interpretative. Sherman non fotografa sé stessa: fotografa i volti possibili che ogni donna (e ogni essere umano) può assumere.