
Nell’universo della fotografia del XX secolo, pochi artisti hanno catturato l’essenza dell’America con l’intensità e la dedizione di Garry Winogrand. Definito dal critico John Szarkowski come “il fotografo centrale della sua generazione”, Winogrand ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della fotografia grazie al suo approccio unico e innovativo alla documentazione della vita americana, caratterizzato anche da particolari interessi ricorrenti che hanno dato forma alla sua visione artistica.

Garry Winogrand nacque nel quartiere del Bronx a New York il 14 gennaio 1928, figlio di immigrati ebrei di origine ungherese e polacca. Cresciuto durante la Grande Depressione, la sua infanzia fu segnata dalle difficoltà economiche tipiche di quell’epoca. Nonostante ciò, o forse proprio a causa di ciò, sviluppò presto un acuto senso di osservazione della realtà circostante.
Iniziò la sua carriera fotografica quasi per caso. Dopo aver prestato servizio nell’aeronautica americana, si iscrisse alla Columbia University per studiare pittura, ma ben presto si trasferì alla New School for Social Research dove studiò fotografia con Alexey Brodovitch, direttore artistico di Harper’s Bazaar.

La sua carriera professionale iniziò come fotoreporter per riviste come Sports Illustrated, Collier’s e Look. Ma Winogrand non era destinato a rimanere un semplice fotografo commerciale. La sua vera vocazione era catturare la vita nelle strade, con un’urgenza e un’intensità che col tempo divennero la sua caratteristica distintiva.
Se c’è una caratteristica che definisce lo stile di Winogrand, è la sua capacità di catturare l’energia della vita urbana americana. La sua produzione era straordinariamente prolifica. Si stima che alla sua morte avesse scattato più di un milione di fotografie, molte delle quali mai sviluppate o esaminate.

Winogrand camminava instancabilmente per le strade di New York, con la sua Leica M4 sempre pronta, catturando con avidità momenti fugaci della vita urbana. La sua tecnica era caratterizzata da un’apparente casualità: inquadrature inclinate, composizioni disordinate, soggetti che sembrano colti di sorpresa. Questa estetica del “disordine controllato” divenne la sua firma stilistica.
Un aneddoto famoso racconta che quando gli fu chiesto perché fotografasse, rispose semplicemente: “Fotografo per vedere come appare il mondo fotografato”. Questa affermazione apparentemente semplice rivela la profondità del suo approccio: per Winogrand, la fotografia non era solo un mezzo per documentare, ma un modo per scoprire e comprendere la realtà.
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Winogrand è considerato uno dei padri della street photography americana e un esponente chiave della cosiddetta “New York School” di fotografia, insieme a figure come Robert Frank, Diane Arbus e Lee Friedlander. Il suo approccio alla fotografia si basava sull’intuizione più che sulla premeditazione, un metodo che gli permetteva di catturare l’autenticità e l’immediatezza dei momenti quotidiani.
La vita di Winogrand è costellata di aneddoti che rivelano la sua natura appassionata e la sua dedizione totale alla fotografia. Si racconta che portasse sempre con sé almeno dieci rullini da 36 pose e che spesso tornava a casa solo quando li aveva esauriti tutti. Joel Meyerowitz, suo amico e collega fotografo, ha ricordato come Winogrand potesse scattare un intero rullino in pochi minuti se trovava una scena interessante.

Un episodio emblematico riguarda il suo soggiorno a Los Angeles nei primi anni ’80. Winogrand guidava per ore attraverso la città, fotografando freneticamente dalla sua auto. Questo suo particolare interesse per Los Angeles – una città che in realtà non amava particolarmente – generò migliaia di immagini, molte delle quali rimasero non sviluppate fino alla sua morte.
Il curatore e amico Thomas Roma racconta come, negli ultimi anni della sua vita, Winogrand avesse accumulato così tanti rullini non sviluppati che li conservava in frigorifero per rallentarne il deterioramento. Alla sua morte, si stima che avesse lasciato circa 2.500 rullini mai visti, un testamento silenzioso alla sua straordinaria produttività.

Winogrand era noto anche per il suo carattere schietto e diretto. Durante le sue lezioni di fotografia all’Art Institute di Chicago e all’Università del Texas, sorprendeva spesso gli studenti con il suo approccio non convenzionale e le sue critiche franche. Un suo ex studente ricorda come Winogrand potesse demolire o esaltare il lavoro di un fotografo con poche parole taglienti, sempre motivate da un’onestà intellettuale che non lasciava spazio ai compromessi.
Nell’opera di Winogrand emergono alcuni temi ricorrenti che hanno caratterizzato la sua visione artistica:
Winogrand aveva un evidente interesse per le figure femminili. La sua raccolta “Women are Beautiful” (1975) è interamente dedicata a immagini di donne fotografate per strada, spesso senza che se ne accorgessero. Questo lavoro ha suscitato reazioni contrastanti: alcuni lo considerano un tributo alla bellezza femminile, altri lo criticano come uno sguardo voyeuristico. Indipendentemente dalle interpretazioni, è innegabile che le donne rappresentassero per lui un soggetto di costante interesse e attrazione visiva.

Un altro tema ricorrente era la relazione tra esseri umani e animali. Il suo libro “The Animals” (1969), frutto di innumerevoli visite allo zoo del Bronx, esplora questa connessione con ironia e profondità. Winogrand era affascinato dal modo in cui gli umani osservano gli animali in cattività e dalle analogie tra comportamenti umani e animali. Non è un caso che molte delle sue immagini allo zoo catturino momenti in cui il confine tra umanità e animalità sembra sfumare.

Winogrand era particolarmente attratto dagli eventi pubblici – manifestazioni, raduni politici, fiere mondiali – dove poteva osservare l’America in performance collettiva. Il suo libro “Public Relations” (1977) documenta questa fascinazione. Attraverso questi eventi, Winogrand cercava di catturare l’essenza dell’identità americana, con le sue contraddizioni e peculiarità. Era particolarmente attratto da situazioni in cui le persone erano consapevoli di essere osservate, creando una tensione tra spontaneità e auto-rappresentazione.

Un tema fondamentale nella fotografia di Winogrand è l’America del dopoguerra, con la sua prosperità, le sue contraddizioni sociali e il suo ottimismo a volte superficiale. Le sue fotografie catturano perfettamente il clima culturale degli anni ’50 e ’60, un’epoca di rapidi cambiamenti sociali e di ridefinizione dell’identità americana. Winogrand ha documentato questo periodo con uno sguardo acuto, capace di vedere oltre la facciata di prosperità e di cogliere le tensioni sottostanti.
L’approccio di Winogrand alla fotografia era caratterizzato da un interessante paradosso: era metodico e sistematico, ma anche spontaneo e intuitivo. Usava quasi esclusivamente una Leica 35mm, spesso con un obiettivo grandangolare da 28mm che gli permetteva di catturare ampi contesti urbani.

La sua tecnica di scatto era peculiare: teneva la fotocamera inclinata, spesso con il mirino non perfettamente allineato all’occhio. Questo gli permetteva di catturare immagini con un senso di movimento e instabilità che riflettevano perfettamente l’energia caotica della vita urbana americana.
Un aneddoto significativo riguarda il suo metodo di editing. Winogrand accumulava pile di stampe a contatto e le rivedeva con grande attenzione, segnando con una penna i fotogrammi che gli interessavano. Tuttavia, era notoriamente severo nelle sue selezioni e spesso tornava a fotografie scartate anni dopo, trovando nuovi significati e possibilità.

Winogrand credeva fortemente nel valore dell’instinto fotografico. In una famosa intervista dichiarò: “Non c’è niente di più misterioso della superficie delle cose”. Questa frase racchiude la sua filosofia fotografica: l’idea che l’apparenza esteriore, se catturata nel momento giusto e con l’angolazione giusta, potesse rivelare verità profonde sulla condizione umana.
Negli ultimi anni della sua vita, la dedizione di Winogrand alla fotografia raggiunse livelli straordinari. Dopo aver ricevuto la diagnosi di cancro nel 1984, intensificò ulteriormente il suo ritmo produttivo, come se fosse in una corsa contro il tempo per catturare più immagini possibili prima della fine.
Secondo i racconti di amici e colleghi, in questo periodo Winogrand scattava con una intensità che superava ogni sua precedente abitudine. Non aveva più tempo o interesse per sviluppare o esaminare le sue fotografie; l’atto di fotografare era diventato un fine in sé, un’espressione pura della sua visione artistica.

Morì il 19 marzo 1984 a Tijuana, in Messico, dove si era recato per cercare cure alternative, lasciando dietro di sé un archivio monumentale e in gran parte inesplorato di immagini.
Dopo la morte di Winogrand, il Museum of Modern Art di New York affidò a John Szarkowski il compito titanico di esaminare il suo lascito. Il risultato fu la retrospettiva del 1988 che consolidò definitivamente la reputazione di Winogrand come uno dei più importanti fotografi americani del XX secolo.
Ciò che rende l’eredità di Winogrand particolarmente affascinante è il fatto che una parte significativa del suo lavoro è stata “scoperta” postuma. Questo solleva interrogativi interessanti sull’autorialità e sull’intenzione artistica: le fotografie che Winogrand non ha mai visto possono essere considerate parte della sua opera? E cosa ci dice questo sulla natura del processo creativo?

La sua influenza sulla fotografia contemporanea è immensa. Fotografi come Philip-Lorca diCorcia, Trent Parke e Alex Webb riconoscono apertamente il loro debito nei confronti del suo approccio alla street photography. La sua capacità di catturare l’energia e le contraddizioni della vita americana continua a ispirare generazioni di fotografi.
La dedizione di Garry Winogrand alla fotografia non era solo una caratteristica personale, ma il motore stesso della sua creatività. La sua insaziabile fame di immagini lo ha spinto a produrre un corpus di lavoro di straordinaria ampiezza e profondità.
Le sue fotografie continuano a affascinarci non solo per la loro qualità estetica, ma anche perché ci offrono uno sguardo privilegiato su un’America in transizione, catturata dall’occhio attento di un artista che ha fatto della fotografia la sua ragione di vita. La sua era una visione disincantata ma mai cinica, capace di cogliere sia la bellezza che l’assurdità della condizione umana.
Nel panorama della fotografia contemporanea, l’eredità di Winogrand ci ricorda il valore di uno sguardo autentico e non filtrato sulla realtà. Un fotografo che, come pochi altri, è riuscito a trovare nella quotidianità americana l’universalità dell’esperienza umana.
