
There is no terror in the bang, only in the anticipation of it.
[Alfred Hitchcock]
Quando si parla di Alfred Hitchcock, non si può ridurre il suo genio al solo genere thriller. Il regista britannico ha saputo scandagliare l’animo umano come pochi altri, trasformando la paura, il desiderio e soprattutto l’ossessione nei veri protagonisti delle sue opere. Le sue storie non sono semplici intrighi: sono viaggi all’interno di menti tormentate, percorsi psicologici costruiti con precisione chirurgica, capaci di coinvolgere lo spettatore in modo profondo e disturbante.
L’ossessione, per Hitchcock, è un motore narrativo e visivo potentissimo. Prendiamo in esame alcuni dei suoi più celebri pellicole e analizziamole insieme!

In Vertigo (La donna che visse due volte), il tema delle ossessioni viene esplorato con una profondità magistrale: il personaggio di Scottie, interpretato da James Stewart, è consumato dal bisogno di riportare in vita un’immagine idealizzata della donna amata. La sua fissazione lo porta a perdere ogni contatto con la realtà. Hitchcock, da maestro del linguaggio cinematografico, utilizza colori simbolici, inquadrature vertiginose e l’iconico effetto visivo del “vertigo shot” per farci entrare nella mente del protagonista, rendendoci partecipi del suo intimo e totalizzante smarrimento.

Un’altra forma di ossessione, più inquietante e patologica, è al centro di Psycho. Qui incontriamo Norman Bates, un uomo prigioniero del legame morboso con sua madre. Hitchcock costruisce attorno a lui un intreccio di ambiguità e tensione, giocando con le aspettative del pubblico fino alla celebre scena della doccia. In quel momento, un montaggio frenetico e una musica tagliente trasformano un gesto violento in una manifestazione improvvisa e terrificante di un’ossessione repressa.

Ma ciò che distingue davvero Hitchcock è il modo in cui riesce a trasmettere queste ossessioni al pubblico. Non racconta semplicemente una storia: la fa vivere. In La finestra sul cortile, ad esempio, ci mette nei panni di un uomo costretto a osservare i suoi vicini dalla finestra. Lo spettatore diventa complice di quella curiosità che cresce, si trasforma in sospetto, e infine in paranoia. La linea tra osservatore e protagonista si assottiglia fino quasi a scomparire.
La tensione nei suoi film non è mai fine a sé stessa. è costruita con un uso sapiente del ritmo, del silenzio, dei dettagli. Hitchcock curava ogni elemento con ossessiva precisione: ogni inquadratura, ogni suono, ogni pausa aveva uno scopo ben preciso, quello di trascinare lo spettatore in uno stato di inquietudine costante. I suoi film utilizzano tecniche narrative rivoluzionarie: primi piani che scrutano l’animo dei personaggi, colonne sonore che generano inquietudine, strutture narrative che scardinano le aspettative dello spettatore. Le sue tecniche non sono solo innovazioni stilistiche, ma strumenti per scavare più a fondo nell’interiorità umana.
