L’intera vita di Dorian è guidata da ossessioni: quella per l’estetica, per il piacere estremo, per l’apparenza. Colleziona oggetti rari, profumi, tessuti, strumenti musicali. Studia religioni esotiche e filosofie orientali. Ma non lo fa per vera curiosità: lo fa perché ha bisogno continuo di stimoli, di novità, di qualcosa che lo distragga dal vuoto che sente dentro. È un comportamento ossessivo tipico di chi non riesce più a fermarsi, a respirare, a guardarsi davvero allo specchio. E quando ci prova, quello che vede non è il suo volto reale, ma quello dipinto, ormai corrotto e mostruoso.
La sua ossessione per il ritratto cresce giorno dopo giorno, diventa una paranoia, una presenza costante. Non riesce a staccarsene, ma non riesce neanche ad affrontarlo. Vive in una doppia realtà: da un lato l’apparenza impeccabile, dall’altro la coscienza sporca che lo tormenta. È l’ossessione che lo rende incapace di amare, di fidarsi, di vivere davvero. Tutto è filtrato dal bisogno di mantenere intatta quell’immagine perfetta.
E come spesso accade con le ossessioni più profonde, alla fine Dorian cerca di liberarsene nel modo più drastico: distruggere il quadro, distruggere la verità. Ma è un gesto disperato, e fatale. Perché quel ritratto era lui, era la sua coscienza, la sua storia, le sue colpe. E ucciderlo significa uccidere anche se stesso.
Il ritratto di Dorian Gray è un romanzo che racconta con eleganza, ironia e crudeltà cosa significa vivere sotto il dominio delle ossessioni. È attuale oggi più che mai, in un’epoca in cui l’immagine è ovunque, e la pressione di essere perfetti — giovani, belli, vincenti — può diventare un peso insostenibile. Wilde ci mette in guardia con uno stile raffinato ma tagliente: possiamo anche riuscire a nascondere le nostre ossessioni agli altri… ma non a noi stessi.
“Il ritratto di Dorian Gray”
📖 Titolo originale: The Picture of Dorian Gray
🖋️ Autore: Oscar Wilde
📅 Prima pubblicazione: 1890 (rivista Lippincott’s Monthly Magazine), versione ampliata nel 1891