Sally Mann è una delle fotografe più influenti e discusse degli ultimi decenni, il cui lavoro percorre temi sensibili come la famiglia, la memoria e la mortalità. Nata nel 1951 a Lexington, in Virginia, Mann ha sviluppato uno stile unico che mescola tecniche fotografiche tradizionali con un’intensa esplorazione emotiva e personale.
Mann si avvicinò alla fotografia durante gli anni del liceo, ma fu durante l’università che decise di trasformare questa sua enorme passione in un vero e proprio lavoro. Dopo aver studiato presso il Bennington College e l’Hollins University, iniziò a lavorare come fotografa documentarista per il Washington and Lee University. Il suo primo libro fotografico, Second Sight (1984), segnò l’inizio della sua carriera come fotografa e artista.
La fama di Sally Mann esplose con la pubblicazione di Immediate Family nel 1992, una raccolta di fotografie intime e poetiche e a volte inquietanti che ritraevano i suoi tre figli durante l’infanzia, spesso nudi, in scenari quotidiani ma profondamente intrisi di simbolismo. Le immagini esploravano temi universali come la crescita, l’innocenza, la vulnerabilità e la tensione tra il privato e il pubblico.
Una delle tecniche distintive di Sally Mann è l’uso del banco ottico, uno strumento fotografico tradizionale che permette un controllo meticoloso della composizione e della messa a fuoco. Il banco ottico richiede una preparazione complessa e una grande capacità tecnica. Mann preparava personalmente le sue lastre di vetro, applicando una soluzione di collodio che deve essere sensibilizzata, esposta e sviluppata in un breve periodo di tempo, spesso direttamente sul campo. Questo metodo, sebbene laborioso, conferisce alle sue immagini un aspetto unico, caratterizzato da imperfezioni, aloni e bordi sfumati, che amplificano il senso di memoria e di temporalità.
L’uso del banco ottico ha consentito alla fotografa di creare immagini di grande formato, con un livello di dettaglio straordinario e una profondità visiva che cattura l’attenzione dell’osservatore. Mann sfrutta queste qualità per immortalare sia i paesaggi che i ritratti con un’intensità quasi tangibile, trasformando ogni fotografia in un’opera d’arte unica.
Immediate Family suscitò non poche polemiche, con critici che accusavano Mann di sfruttare l’immagine dei suoi figli e di attraversare il confine tra arte e voyeurismo. I suoi ter figli, Jessie, Virginia e Emmett, venivano immortalati nella loro vita quotidiana. Pare fosse loro richiesto grande impegno e partecipazione per ogni immagine scattata dalla madre. Si racconta di ore e ore passate in posa, fino a quando la fotografa non era pienamente soddisfatta dell’inquadratura, della luce e dell’immagine impressa sulla sua lastra fotografica. I bambini appaiono immersi nella natura, talvolta feriti, sporchi, o in atteggiamenti che evocano una vulnerabilità profondamente umana. La natura svolge un ruolo centrale in queste immagini: i corpi dei bambini sembrano fusi con il paesaggio, quasi come se fossero parte integrante del mondo naturale. Questo legame tra uomo e natura è una costante nella poetica di Sally Mann, che utilizza il paesaggio come simbolo di una connessione profonda con la vita e la mortalità.
L’aspetto autobiografico di questo è evidente: la famiglia, la casa e il paesaggio circostante diventano protagonisti al pari dei soggetti umani. Tuttavia, i temi esplorati – il passaggio del tempo, la bellezza, la fragilità del corpo – trascendono il contesto specifico della sua famiglia, rendendo le immagini potenti e riconoscibili per chiunque.
Nonostante le critiche, Immediate Family è considerato oggi un capolavoro della fotografia contemporanea e un esempio potente di come l’arte possa affrontare temi complessi e spesso scomodi.
In un mondo in cui l’immagine è sempre più immediata e superficiale, il lavoro di Sally Mann ci ricorda il potere della fotografia come mezzo per esplorare gli abissi dell’esistenza umana.
Sono tanti gli altri progetti fotografici della fotografa statunitense che meritano la nostra attenzione. Tra questi vi consigliamo di dare un’occhiata anche: At Twelve: Portraits of Young Women (1988), What Remains (2003), Deep South (2005), Hold Still: A Memoir with Photographs (2015), A Thousand Crossings (2018).
Sebbene non esistano molte biografie su Sally Mann scritte da altri autori, la sua autobiografia “Hold Still” rappresenta una risorsa fondamentale per comprendere la sua vita e il suo percorso artistico.
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