Alda Merini è stata una delle voci più intense e tormentate della poesia italiana del Novecento. La sua esistenza, segnata dal talento e dal dolore, si intreccia in modo indissolubile con il tema della follia, dell’internamento e dei trattamenti sanitari obbligatori (TSO), esperienze che hanno profondamente influenzato la sua poetica.
Nata a Milano il 21 marzo 1931, Alda Merini manifestò sin da giovane una sensibilità straordinaria, che la portò a esordire giovanissima nel panorama letterario. A soli quindici anni fu notata da Giacinto Spagnoletti, famoso poeta e letterato dell’epoca, che riconobbe il suo talento e la introdusse nell’ambiente letterario. Tuttavia, il suo animo fragile e la difficoltà nel gestire la propria ipersensibilità la portarono, in quel periodo, ad attraversare momenti di profonda instabilità mentale.
All’età di ventuno anni, venne ricoverata per la prima volta nell’ospedale psichiatrico di Villa Turno a causa di un crollo nervoso. Questo primo internamento segnò l’inizio di un lungo periodo di reclusione forzata, tra cure invasive e isolamento. Lontana dalla famiglia e dagli affetti, la giovane poetessa si trovò a dover affrontare la durezza di un sistema manicomiale che spesso non faceva distinzione tra malattia e devianza sociale.
Fu proprio in questo drammatico momento della sua vita che la Poetessa compose questi strazianti versi.
Le mie impronte digitali
prese in manicomio
hanno perseguitato le mie mani
come un rantolo che salisse la vena della vita,
quelle impronte digitali dannate
sono state registrate nel cielo
e vibrano insieme
ahimè alle stelle dell’Orsa maggiore.
Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
(da Clinica dell’abbandono)
Negli anni successivi, la sua salute mentale peggiorò ulteriormente e, tra il 1965 e il 1972, subì lunghi periodi di internamento nell’ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano. Qui visse in condizioni estreme, subendo trattamenti brutali come l’elettroshock, un metodo terapeutico controverso che spesso veniva utilizzato senza un reale criterio medico. Le testimonianze della poetessa parlano di solitudine, paura e umiliazione, in un contesto in cui i diritti dei pazienti venivano sistematicamente ignorati.
Il sistema manicomiale dell’epoca, spesso crudele e repressivo, trasformò l’internamento in una forma di segregazione piuttosto che in un’opportunità di cura. Alda Merini non solo visse sulla propria pelle l’orrore della reclusione forzata, ma riuscì anche a raccontarlo attraverso la sua poesia, divenendo una voce di denuncia contro gli abusi della psichiatria.
Ecco altri versi che testimoniano il dramma interiore della poetessa lombarda.
Sono nata il ventuno a primaverama non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenare tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera
(Vuoto d’amore)
Il dolore dell’internamento e dei TSO emerge con forza in raccolte come La Terra Santa (1984), considerata una delle sue opere più importanti. In essa, il manicomio diventa una metafora dell’inferno, un luogo di annullamento dell’identità, dove il corpo e l’anima vengono violati da pratiche disumanizzanti. Le sue poesie restituiscono il senso di solitudine, smarrimento e ingiustizia vissuto all’interno delle mura psichiatriche, trasformando l’esperienza personale in un atto di accusa contro un sistema che soffocava la diversità e la sensibilità.
Merini descrive con immagini potenti e taglienti la violenza dei trattamenti psichiatrici, l’assenza di empatia da parte dei medici e la condizione di oblio in cui venivano relegati i malati. In un periodo in cui il disagio mentale era spesso considerato una colpa piuttosto che una condizione da comprendere, la sua voce risuonò come un grido di ribellione contro la deumanizzazione della malattia.
Con la chiusura dei manicomi grazie alla legge Basaglia del 1978, Alda Merini riuscì gradualmente a riconquistare la propria libertà. Tuttavia, le cicatrici lasciate dagli anni di internamento non si cancellarono mai del tutto. Nonostante tutto, il suo talento, mai spento, conobbe una nuova fioritura negli anni Ottanta e Novanta, quando venne finalmente riconosciuta come una delle più grandi poetesse italiane del XX secolo.
Fu proprio grazie alla scrittura che la Merini trovò il riscatto definitivo. Le sue opere vennero pubblicate e apprezzate dal pubblico e dalla critica, portandola a ricevere numerosi riconoscimenti. La sua poesia, pur continuando a raccontare il dolore e la sofferenza, si arricchì di una straordinaria vitalità e di una profonda umanità, divenendo testimonianza non solo della sua esperienza personale, ma anche della lotta per il riconoscimento della dignità di chi soffre di disturbi mentali.
Alda Merini è morta il 1º novembre 2009, all’età di 78 anni, all’Ospedale San Paolo di Milano a causa di un tumore osseo.
Negli ultimi anni della sua vita, aveva affrontato diversi problemi di salute, ma continuava a scrivere e a ricevere amici e ammiratori nella sua casa sui Navigli di Milano. Dopo la sua morte, la città di Milano le ha reso omaggio allestendo la camera ardente presso la sala Alessi di Palazzo Marino, dove molti lettori e ammiratori le hanno dato l’ultimo saluto.
È stata sepolta al Cimitero Monumentale di Milano, nello stesso luogo in cui riposano molte personalità illustri della cultura italiana
Noi di TSO amiamo la poesia di Alda Merini: descrivono talmente bene la fragilità dell’animo umano, che ogni lettura sia talmente profonda da scatenare sentimenti diversi e contrastanti. Per farla conoscere anche a voi, abbiamo pensato di suggerirvi alcuni dei titoli tratti dalla sua bibliografia. Alcune raccolte sono state pubblicate dopo la sua morte, in omaggio alla sua figura e al ruolo che ha occupato nel panorama letterario italiano. Correte in libreria o in biblioteca e dideci nei commenti cosa ne pensate.
La presenza di Orfeo (1953)
Destinati a morire. Poesie vecchie e nuove (1980)
Le rime petrose (1983)
Le satire della Ripa (1983)
Fogli bianchi (1987)
Testamento (1988)
Vuoto d’amore (1991)
Ballate non pagate (1995)
Superba è la notte (2000)
Fiore di poesia (1951-1997) (2003)
Poesie per giovani innamorati (2025)

 

Sito ufficiale: www.aldamerini.it
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