
Fotografo e artista ceco noto per il suo approccio anticonvenzionale e per una vita vissuta ai margini della società. Nato a Kyjov, una cittadina della Moravia, il 20 novembre 1926, fin da giovane mostrò un talento naturale per l’arte. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Praga, uno dei centri culturali più importanti dell’Europa centrale. Tuttavia, il colpo di Stato comunista del 1948 e l’imposizione del realismo socialista come stile artistico ufficiale cambiarono radicalmente il corso della sua vita. Tichý abbandonò l’Accademia, rifiutando le restrizioni creative imposte dal regime e scegliendo di allontanarsi dal mondo dell’arte istituzionale e dalla società in generale.

In seguito a questa scelta, Tichý intraprese un’esistenza di isolamento e povertà volontaria. Il regime comunista, intollerante verso chi non si conformava, lo internò più volte in ospedali psichiatrici e in prigione. A partire dagli anni ’50 si ritirò nella sua casa a Kyjov, dove visse in condizioni di estremo degrado, circondato da materiali di scarto e oggetti che utilizzava per le sue creazioni. Fu in questo periodo che abbandonò la pittura per dedicarsi interamente alla fotografia, un medium che gli permise di esprimere la sua visione personale e di resistere silenziosamente alle norme oppressive della società cecoslovacca del tempo.
La fotografia di Tichý si distingue per il suo carattere unico e rudimentale. Non utilizzava attrezzature convenzionali, ma costruiva le sue fotocamere a mano, impiegando materiali di recupero come cartone, lattine, elastici e lenti di plastica trovate per strada. Questi strumenti rudimentali producevano immagini sfocate, sovraesposte e graffiate, caratteristiche che conferivano alle sue opere un’estetica poetica e spontanea. I soggetti delle sue fotografie erano quasi esclusivamente donne, immortalate durante le loro attività quotidiane a Kyjov.

Tichý era affascinato dalla bellezza naturale e autentica delle sue concittadine, lontana dagli ideali costruiti della moda o della pubblicità.
Il suo lavoro, tuttavia, non era privo di controversie. Fotografava spesso le sue modelle a loro insaputa, sollevando questioni etiche legate alla privacy e al consenso. Se da un lato le sue immagini sono considerate un omaggio alla femminilità e un’espressione di libertà creativa, dall’altro hanno suscitato dibattiti sul confine tra arte e voyeurismo. Nonostante queste critiche, Tichý rimase fedele alla sua visione: per lui, l’arte non aveva bisogno di perfezione tecnica o di consenso sociale per avere valore.
La filosofia di Tichý si riflette nella sua idea dell’imperfezione come elemento essenziale della bellezza. Le sue fotografie, segnate da graffi, macchie e distorsioni, erano intenzionalmente lasciate incomplete o deteriorate. Questa scelta artistica, per Tichý, rappresentava la realtà stessa, caotica e sfuggente, e il rifiuto delle convenzioni estetiche. La sua famosa affermazione, “Per essere famoso, hai bisogno di fare qualcosa di peggiore degli altri, non di migliore”, sintetizza il suo approccio sovversivo all’arte.

Nonostante la sua dedizione alla fotografia, Tichý non cercò mai il riconoscimento o la fama. Anzi, mantenne una distanza totale dal mondo dell’arte ufficiale. Fu solo negli anni 2000 che il suo lavoro fu scoperto e portato all’attenzione internazionale da Roman Buxbaum, un collezionista d’arte e suo vecchio vicino di casa. Buxbaum iniziò a catalogare le sue opere e organizzò mostre in alcune delle istituzioni culturali più prestigiose del mondo, tra cui il Kunsthaus di Zurigo, il Centre Pompidou di Parigi e la Biennale di Siviglia.
La tardiva celebrità non influenzò lo stile di vita di Tichý, che rimase indifferente al successo. Continuò a vivere nella sua casa a Kyjov, circondato dai suoi oggetti e dai suoi ricordi, fino alla morte avvenuta nel 2011. Quando gli venne chiesto cosa pensasse delle sue mostre, rispose con semplicità: “Non mi interessa. Non sono cose importanti.”
Oggi Miroslav Tichý è considerato una figura di culto nell’arte contemporanea. Le sue opere sono conservate in musei come il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi, e continuano a ispirare artisti e critici con la loro autenticità e profondità. La sua vita e il suo lavoro rappresentano una testimonianza unica del potere dell’arte di resistere alle imposizioni sociali e politiche, ricordandoci che la vera creatività nasce spesso nei contesti più improbabili e dagli strumenti più umili.
